Alla vigilia dell'inizio delle celebrazioni a Legnano della Santa Messa secondo il Missale Ambrosianum del 1954 ripubblichiamo quest'articolo che descrive efficacemente il rapporto, a tutt'oggi così definito fra il Motu Proprio Summorum Pontificum e le peculiarità del Rito Ambrosiano.
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E' trascorso poco più di anno dalla pubblicazione del Motu Proprio Summorum Pontificum, avvenuta Sabato 7 luglio 2007: fin da una prima lettura di questo attesissimo documento papale molti rilevarono l'assenza di un esplicito riferimento al Rito Ambrosiano, ovvero alla peculiare liturgia della più grande Diocesi del mondo. Ebbe inizio quindi un periodo di incertezza sulle modalità di applicazione di questo Motu Proprio nel territorio ambrosiano.
Oggi possiamo dire che questa incertezza può considerarsi superata e, di seguito, espliciteremo i motivi che ci portano a questa conclusione.
E' il mese di marzo di quest'anno il momento fondamentale per il dipanarsi dei dubbi.
Il primo passaggio è la pubblicazione del testo ufficiale e definitivo del Motu Proprio negli Acta Apostolicae Sedis : in questa versione viene aggiunto un sottotitolo prima non presente, De usu extraordinario antiquae formae Ritus Romani, specificazione che definitivamente chiarisce che la nuova normativa non è applicabile direttamente al Rito Ambrosiano.
Il secondo passaggio è la promulgazione del Nuovo Lezionario Ambrosiano, avvenuta il 20 marzo 2008. Il modus operandi tenuto durante il percorso che ha portato alla pubblicazione di questo nuovo testo liturgico ha costituito l'occasione per una verifica concreta dell'ampiezza dei poteri dell'Arcivescovo di Milano nella sua qualità di Capo Rito, poteri che, seppur esercitati in armonia e di concerto con la competente Congregazione romana, sono i più estesi possibile.
Sono venute così a cadere le obiezioni mosse nei mesi precedenti da alcuni e rivolte a sostenere una pretesa diretta ed immediata applicabilità del Motu Proprio al Rito Ambrosiano, in virtù anche di un presunto carattere meramente formale del titolo di Capo Rito attribuito all'Arcivescovo di Milano.
Tutto ciò, ovviamente, non può portare alla conclusione che, in questo modo, la Diocesi di Milano possa divenire una sorta di « zona franca » all'interno della quale non vi sia la volontà di aderire alle preziose indicazioni del Santo Padre. Così non potrebbe essere considerando che, innegabilmente, il Vescovo di Milano è fra i destinatari della « Lettera » che, anch'essa pubblicata negli AAS, « accompagna » il Motu Proprio ed è diretta « ai Vescovi di tutto il mondo ».
La peculiarità liturgica ambrosiana porta quindi ad una applicazione necessariamente peculiare del Motu proprio da parte del Capo Rito nel territorio della sua Diocesi.
Del resto già in passato questa peculiarità si era manifestata; quando l'allora Cardinale Martini, accogliendo, anche oltre le loro aspettative, le richieste di un gruppo di fedeli, concesse, all'indomani della Lettera Apostolica Quattour abhinc annos, la celebrazione della Santa Messa nella chiesa milanese di San Rocco al Gentilino, indicò l'ultima editio (quinta post typicam) del Missale Ambrosianum risalente al 1954, ben otto anni prima dell'equivalente Missale Romanum del 1962 che era, e rimane, il Libro Liturgico di riferimento per tutta la questione della liturgia anteriore alla riforma del 1970.
L'editio quinta post typicam del 1954, in realtà, si adeguò alle innovazioni del Motu Proprio Rubricarum Instructum del 1960 con delle « Modificazioni » proposte dall'allora Arcivescovo Montini ed approvate dalla Congregazione per il Culto Divino. Come si vede sono le stessa modalità con le quali, pochi mesi fa, venne approvato il Nuovo Lezionario Ambrosiano, nulla di nuovo sotto il sole quindi: fin dal Codice di Diritto Canonico del 1918 l'approvazione di Roma è necessaria per nuovi libri liturgici o per modifiche a quelli vigenti.
A questo punto ci si potrebbe rammaricare del fatto che, a causa di una non felicissima formulazione della prima versione del testo del Motu Proprio, si sia vissuto un periodo, durato alcuni mesi, di incertezza talvolta sfociata, purtroppo, in infelici ed ingenerose polemiche.
In realtà, già all'indomani della pubblicazione del testo ufficiale negli AAS, alcuni fedeli della Diocesi di Milano, consci della portata delle modifiche apportate, sostenuti dal Movimento Liturgico Benedettiano ed in rappresentanza di un gruppo più ampio, iniziarono a dialogare ed a confrontarsi con la Curia di Milano, esponendo le ragioni e le motivazioni alla base delle loro richieste, trovando accoglienza paterna e sincero interesse da parte dei loro interlocutori.
Determinante è stata anche la modifica, nel testo ufficiale del Motu Proprio (che, ribadiamo, non può non trovare applicazione nella Diocesi di Milano, ma che, al tempo stesso, non può prescindere dalla particolarità del Rito Ambrosiano) dell'avverbio continenter (riferito al gruppo stabile) con stabiliter, il che fa sì che il documento papale non « fotografi » una situazione pre-esistente alla data del 7 luglio 2007, ma diventi, invece, uno strumento dinamico per accogliere richieste anche nuove.
Nessuna preclusione quindi per quei fedeli intenzionati a voler vivere la loro sensibilità liturgica e spirituale nell'ambito del percorso pastorale della Diocesi, e lontani da ogni settarismo o estetismo fine a sè stesso.
Nel mese del prossimo Ottobre il dialogo intrapreso porterà ad iniziare un'ulteriore celebrazione della Santa Messa che utilizzi il Missale Ambrosianum del 1954, in maniera stabile e continuativa, in un'altra località della Diocesi, la quale pertanto va ad aggiungersi a quella milanese del Gentilino, esperienza ormai consolidata.
Sarà questa la prima applicazione di quella che possiamo definire la « via ambrosiana » al Motu Proprio di Benedetto XVI, mentre all'orizzonte vi sono già alcune altre richieste.
(RN)
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